Pompei, NA, Italia - DIRETTORE CENTRO STUDI A.S.2014/2015

RELAZIONE INTRODUTTIVA

Il Centro Studi Lions è una struttura stabile del Distretto che ha il compito di studiare l’evoluzione dell’Associazionismo e supportare, mediante opportune proposte, chi ha responsabilità nel Distretto.
Tali proposte, prodotte con regolarità e concretizzantesi in una relazione scritta annuale, hanno avuto nel tempo più o meno risonanza secondo le condizioni  presenti al momento.
La relazione di quest’anno, la cui sintesi è allegata, propone in qualche modo una discontinuità rispetto al passato sia nelle modalità realizzative del We Serve che negli strumenti da adottare, in quanto tendenti più ad una azione “politica”, convinti che “in democrazia nessun fatto di vita si sottrae alla politica” (Gandhi). Una politica intesa non come fattore di potere, di denaro, di corruzione e di malaffare, ma come sistema per interessarsi della gente e del bene comune,  non come dichiarazione opportunistica, ma come azione sul campo.
Per attuare tale discontinuità é necessario il massimo della diffusione fra i soci e della conoscenza,  per poter ricercare la condivisione, che è elemento fondamentale per il miglioramento.
E’ convinzione, infatti, che, mentre una visione deterministica e meccanica che non si preoccupa della diffusione fra i soci mal si concilia con la complessità moderna e ostacola qualsiasi fervore innovativo, solo la condivisione interna, e dopo anche delle reti esterne, può generare quella forza che serve al cambiamento in una logica in cui azioni e reazioni si alimentano in modo ricorsivo.
Due elementi in rapidissima sintesi, a nostro avviso, rappresentano la realtà dell’Associazione oggi:
Il cambiamento della Società negli ultimi anni e la sua evoluzione verso la Società della Conoscenza e della Complessità, pur essendo stato un processo progressivo, non ha fatto maturare nel mondo Lions un equivalente processo di adeguamento nell’azione, pur lasciando fermo l’obiettivo di favorire la produzione e lo sviluppo culturale, economico e sociale del territorio.
La costanza dell’ obiettivo, sostanzialmente sempre lo stesso nei circa 100 anni della storia Lions, non ha apportato nessuna rilevante modifica della gestione interna e dell’interfacciamento col mondo esterno all’Associazione.
L’andamento nel tempo del numero dei soci, che è il parametro obiettivo della salute di qualsiasi Associazione, segnala a oggi una grave situazione di crisi e un non intervento, perciò,  sarebbe fortemente colpevole.
Il miglioramento e l’innovazione nel campo sociale sono ormai processi che richiedono che tutte le Associazioni che si pongono questi obiettivi diventino dei sistemi aperti che scambiano informazioni ed energie con tutti gli altri sistemi (Stato, privati, Chiese, partiti, sindacati…). E’ la rete la forza probabile dei miglioramenti sfruttando anche il principio di sussidiarietà che consente, anzi favorisce, lo sviluppo di servizi la cui appropriatezza emerge dal basso, ovvero più dalla società civile che dalla politica.
Un’organizzazione come la nostra deve passare da un confinamento residualista nella sua azione a un nuovo senso politicamente proattivo della sua immanenza nel sociale, deve trasformarsi dall’essere soccorso all’essere proposta. 
Il mondo Lions deve tendere alla costituzione di un soggetto sociale capace di relazionarsi con gli altri e capace di gestire e rappresentare istanze sociali prendendo coscienza del suo possibile ruolo. Per fare questo è necessario che ci sia ,come già accennato, una forte convinzione all’interno e che, ponendo alla base i principi di solidarietà, vengano delineati progetti e programmi che danno uno sbocco ad una possibile praticabilità sociale dei bisogni che si vogliono rappresentare e soddisfare. Volendo fare ciò non con spirito fordista, ma favorendo un processo di elaborazione collettiva che guardi avanti ai processi di trasformazione,  sono necessari anche più numerosi momenti d’incontro in cui il Centro Studi possa raccogliere osservazioni, ipotesi e consuntivi provenienti dai singoli Club ed elaborarli opportunamente, cercando di intraprendere un cammino virtuoso in cui l’elemento portante sia la condivisione delle azioni e l’utilizzo dell’intelligenza collettiva che proprio l’attivazione di relazioni interne ed esterne rende possibili e forti.
Si dovrebbe ottenere, in conclusione, una narrazione che riguarda, e contemporaneamente mobilita, tutti i facenti parte della Organizzazione Lions e che richiede in cambio una flessibilità strategica in cui è essenziale prestare attenzione anche ai segnali deboli provenienti da ogni dove.
Questo è un modo di attivarsi dove il cammino si fa andando, alimentando un circolo creativo fondamentale per la realtà complessa e, scomodando Putnam, creando una cultura civica favorevole.

 RELAZIONE FINALE
Abstract
Il Governatore assume una visione più strategica nella realtà Lions e deve cercare di portare avanti attività che vedono i Lions collaborare con: altre realtà che operano nel sociale sul territorio, le amministrazione pubbliche, la Chiesa…..al fine di costituire una rete che vigila, promuove e interviene per la difesa del “sociale”.
Utilizzando tale rete il Governatore può diventare un rappresentante forte del Terzo Stato e proporsi come interlocutore dei politici locali e centrali per le problematiche che attengono allo sviluppo del Mezzogiorno, la riduzione della disoccupazione, la migrazione, la cittadinanza attiva, l’housing sociale….
Per fare questo deve misurarsi con i fenomeni sociali e politici esterni diventando un Giano bifronte con la fronte che guarda l’esterno fortemente più grande di quella che guarda l’interno.
All’interno del distretto due sono le maggiori novità:
demandare tutti i compiti operativi ai 2 vice governatori sotto il controllo ed il coordinamento del Governatore 
attuare una pianificazione strategica e una pianificazione operativa annuale che debbano servire come guida per le azioni che tutto il Distretto deve compiere nell’anno e come riferimento per la consuntivazione annuale delle attività e per  misurare i risultati raggiunti.
 
Premessa
La realtà sociale degli ultimi anni si è profondamente modificata e la sintassi interpretativa, gli schemi di riferimento che pure in passato hanno funzionato, oggi mostrano la loro inadeguatezza   e la loro incapacità a gestire i problemi della Società della Conoscenza. Questo è un fenomeno che ha interessato ed interessa ogni settore della vita e quindi anche quelle realtà, come l’Associazione dei Lions, che hanno come mission l’intervento nel sociale.
Questa ultima affermazione trova il suo riscontro nella progressiva riduzione della percentuale di cittadini che decidono di diventare soci Lions in Italia e, per la parte che ci riguarda, soci del Distretto 108YA. Il dato che impietosamente e inequivocabilmente evidenzia tale fenomeno è il numero di soci del nostro Distretto che negli ultimi cinque anni é passato da 5500 a 3500.
E’ facile proiettare questo dato per il futuro e verificare  “sic stantibus rebus” un annullamento del Distretto in tempi estremamente contenuti. La progressiva riduzione del numero dei soci, anche senza voler fare indagini particolarmente sofisticate, ha comportato una crescita dell’età media che sembrerebbe indicare, prevalentemente, una mancanza di interesse nei giovani ad avvicinarsi al mondo Lions mentre le persone anziane continuano a trovare una motivazione sufficiente per restare. I soci attivi hanno un’età media di 60 anni. Questo sicuramente sconta un sentimento di affezione al “vissuto” ma ci permette anche di ipotizzare che alcune forme di socialità esistenti (viaggi, interventi culturali, mostre, concerti…..) che oggi vengono svolte dai singoli Clubs, hanno valore per i soci maturi pure se hanno una bassa relazione con quella che dovrebbe essere la mission dell’Associazione. La ratio potrebbe essere che con l’avanzamento dell’età il fatto di conoscere persone, di incontrare persone note ed affidabili con cui condividere momenti di cultura o/e in qualche modo “dopolavoristici”, fa agio sul resto della realtà.
Questa osservazione ci porta a due prime considerazioni:
a) la atmosfera che soddisfa la maggior parte della popolazione Lions attuale, bisogna conservarla operando, magari, una qualche razionalizzazione di indirizzo.
b) bisogna trovare condizioni che siano di interesse per le persone potenzialmente cooptabili. Il soddisfacimento di questa necessità è una “conditio sine qua non” della quale non sembra che tutti abbiano profonda convinzione. Quasi sempre, in verità, dai vertici del Distretto queste affermazioni sono state fatte o meglio sono state e sono ripetute come un “mantra” assumendo, talvolta, un tono quasi minaccioso nei confronti dei soci. Sembra quasi che l’essere arrivati ai vertici, in relazione a tale problematica, invece di determinare una preoccupazione con una voglia di fare, di “sporcarsi le mani” sul campo, comporti uno stato di atarassia e il solo compito è quello della predica nei momenti topici.
Difficilmente si è visto il passaggio dalla denuncia ad un atteggiamento di tipo operativo o alla voglia di individuare, di fatto, una strada nuova.
Le motivazioni di revisione nascono da diverse ragioni - analisi
Le motivazioni più probabili che prima portavano ad iscriversi all’Associazione Lions, senza nessuna pretesa di voler essere esaustivi e precisi, erano:
La speranza di poter utilizzare gli incontri per interessi personali
Un senso di appartenenza ad un cenacolo i cui componenti appartenevano ad una classe sociale ritenuta superiore alla media
Un interesse sociale coniugato con la possibilità di mostrarsi
Essere a disposizione degli altri era un modo per “essere” o comunque per soddisfare i bisogni più elevati.
Queste col tempo hanno perduto parte del loro fascino o perché si sono dimostrate false o perché le condizioni al contorno si sono modificate.
Bisogna allora attivarsi per ridare attrattività al nostro mondo sperando di arrestare il trend in discesa del numero soci anche perché essere significativi numericamente è una precondizione per una azione efficace in qualunque attività ed in particolare per quella dei Lions.
Il campo di intervento è sostanzialmente limitato a quello che potremmo chiamare “prodotto” dell’Associazione (services) che ovviamente trova nell’organizzazione lo strumento razionale per conseguire gli obiettivi prestabiliti.
In realtà, facendo un paragone esemplificativo con le aziende produttrici, è come se dovessimo cambiare in parte il prodotto che facciamo perché coloro che debbono produrlo non trovano più interesse nel produrlo e quindi non sono arruolabili. C’è da evidenziare inoltre che chi realizza il prodotto non ottiene un contraccambio economico in quanto volontario che, scomodando Maslov[1],  già prima di essere socio ha soddisfatto i bisogni fisiologici  e deve soddisfare i bisogni di livello superiore e quindi la sua motivazione a “fare” dipende dalla soddisfazione dei suddetti bisogni.
 Anche per altri studiosi (es. Douglas Mc Gregor[2]) per gli alti livelli della Società e delle imprese, il rispetto, il senso di appartenenza, l’approvazione hanno una valenza motivazionale di gran lunga superiore, se non incomparabile, col denaro. 
 Allora i prodotti da produrre debbono essere tali da determinare prioritariamente una soddisfazione dei bisogni di livello superiore tenendo presente e facendo molta attenzione che i bisogni hanno sempre necessità di essere studiati ed interpretati in
    relazione al contesto ovvero tenendo presente le interrelazioni individuo-ambiente esterno .
 Oggi siamo di fronte ad una complessità[3] dei sistemi sociali di fronte all’aumento delle interdipendenze tra attori che portano al centro dell’attenzione la relazione fra globale e locale, focalizzando nel territorio un punto di snodo. 
 In questa ottica la nostra Associazione che è un corpo intermedio ha una possibilità di respiro con la dignità che la tradizione potrebbe concedergli e al di là di tutte le possibili dosi di ossigeno emergenziali, se riesce ad assumere una particolare centralità nello sviluppo e nella capacità di “fare sistema”[4] unico modo attuale per creare valore.
 Questo richiede un atto di coraggio molto forte e, come vedremo, un cambiamento di prospettiva sul piano dell’ambiente di riferimento e delle scelte di azione, fondamentali per il governo del Distretto anche se per molti aspetti può apparire non traumatica o addirittura per l’organizzazione interna esistente di facile realizzabilità. In realtà deve essere un progetto top-down in cui massimo responsabile di governo esce dalla sua torre eburnea fatta di false certezze e di un malinteso rispetto delle regole tradizionali, per affrontare una realtà sempre più liquida[5] in cui l’attività in prima persona, fuori dal pantano dei cerimoniali e di qualcosa che potrebbe somigliare al culto della persona, si mette in gioco e trascina tutto il Distretto[6].  Le motivazioni di questa esigenza dipendono da varie ragioni: 
 Il nostro Distretto è chiamato a fare attività (services) che sostanzialmente dovrebbero erogare servizi per migliorare le condizioni sociali del territorio in ottica 2015. Questo è estremamente difficile perché l’espressione “condizioni
  sociali” è molto ampia nel contenuto ed ha pochissima relazione con quella che nella nostra tradizione, quasi centenaria, è l’interpretazione di fatto. La connotazione vissuta é un poco elemosiniera, di beneficienza talvolta condita da una malcelata forma aristocratica o di snobbismo (sine nobilitate). Questo non è detto che debba essere distrutta (ovviamente eliminando l’aspetto aristocratico o snobistico) ma le scelte di governo debbono essere mediate da processi inclusivi ovvero bisogna passare da una forma provinciale e molto inefficace nell’operare pratico di government[7] ad una forma di governance[8] in cui fra l’altro le relazioni fra istituzioni e attori sociali (fra cui noi) tendono ad un piano associativo (orizzontale) piuttosto che contrattuale (bipolare). Questo nuovo modo di vedere non richiede nuove forme organizzative interne, come vedremo più avanti, ma adattamento ed aggiornamento interpretativo di quella esistente per raggiungere una data efficacia e migliorare l’efficienza[9].   
 Nella società attuale caratterizzata da incertezza diffusa la richiesta di “pubblico” sembra essere sempre più gridata. Il “pubblico” sufficientemente moderno, nell’ipotesi di intervento, si muove con una procedura di processo di policy costituita da le seguenti fasi:
 1) identificazione del problema ed inserimento del problema nell’agenda politica
          2) definizione dei termini del problema e formulazione di proposte alternative di soluzione
          3) adozione di una decisione circa la scelta del programma di azione
          4) messa in opera (implementazione) del programma di azione
          5) valutazione dei risultati
 In sintesi il processo della policy è: implementazione, patto sociale, feedback (controllo dei risultati). Questo schema attuato, è in qualche modo anche l’arena dove le due scuole di pensiero nell’analisi del piano politico democratico liberale si confrontano: quella pluralista e quella elitista. In ogni caso la policy riuscendo a mobilitare disparati attori sociali fa si che gli attori alterino la dinamica dei processi politici determinandone l’esito. Per altro questo concetto di governance è quello voluto anche dalla Comunità Europea.
 A questo punto è possibile parlare di una tendenza alla policy network che tiene conto delle varie realtà che agiscono sul territorio e favoriscono l’esigenza di un coordinamento dell’azione collettiva costituendo un ibrido dalla burocrazia e dal mercato in cui i mezzi della azione politica sono il negoziato e lo scambio. Il coordinamento in tal caso non è la
    
 mano invisibile del mercato[10] o meccanismi autoritativi. 
 In questa logica abbiamo problemi nuovi da gestire, più complessi, più urgenti e proprio perché le soluzioni da mettere in campo sono sempre meno settoriali e di competenza di un unico soggetto, la nostra presenza è essenziale.
 Per il Mezzogiorno, sede del nostro Distretto, la politica di sviluppo nonostante le procedure di programmazione di obiettivi e di strategie di intervento, è rimasta molto simile a quella preesistente e antica. Questo a causa, fino ad oggi, dell’inesistenza di policy networks e dell’esistenza di una politica con caratteristiche sostanzialmente clientelari (incapace di prendere in considerazione i veri problemi di sviluppo di regioni che soffrono di un alto livello di disoccupazione o male occupazione e poco propense ad una vera policy). 
 La nostra esistenza deve essere, se decidiamo di parlare e di comportarci come lo stesso spirito we serwe, inserito e letto nel 2015 imporrebbe, una voce acuta e profonda del Sud che trovando forza anche da una possibile rete (possibilmente da noi coordinata) non accetta più di essere testimone e accompagnatrice della deriva del Sud. Potremo cercare di dire qualche parola che, però, deve essere ascoltata da tutta la rete, che preveda una nuova narrazione del Sud,  una narrazione che coniughi diritti e doveri e che guardi e si apra alle altre parti del paese non per assorbirne i modelli, anzi rimanendo noi stessi, ma per creare  quell’osmosi culturale necessaria per intercettare i nuovi paradigmi che gestiscono il mondo. Dovremo cercare, diventando degli stakeholders attenti e disinteressati, di aiutare il Sud ad uscire dalla concezione di elemento ritardatario dell’Italia, quasi come una parte sbagliata, un peso di cui sgravarsi e trovare una alterità rispetto al resto del paese, una capacità dei pensarsi diverso. Guardare orizzonti nuovi, alle dimensioni del Mediterraneo che abbiamo di fronte, senza mimare alcun modello e senza pensare di diventare Nord cosa non ce lo farebbero mai fare, ma operare per uscire dalla perifericità e ritrovare la centralità. Come Associazione rivolta al sociale non possiamo pensare di poter assistere, mostrando un disinteresse fattuale quasi umiliante (o pensando che questi problemi non ci riguardano) alle difficoltà in cui si dibatte il Mezzogiorno. Né possiamo pensare di salvare l’immagine distribuendo in modo più o meno improvvisato qualche pasto caldo in qualche zona topica della città o svolgendo attività similari. Abbiamo dovuto attendere che un pentito ci comunicasse che la camorra, oltre a rubarci la libertà e la dignità, ci stava avvelenando con ogni tipo di monnezza ma nessun Lions anche dopo che il fatto ha assunto notorietà ha svolto attività particolare, fosse pure di pressione ideologica. Questo modo di operare richiamerà un 
  
 numero sempre più ridotto di persone alla causa Lions in quanto, come detto prima, non soddisfacendo nessun bisogno di ordine superiore delle persone non genera nessuna motivazione a far parte del mondo Lions[11].  
  
 Nella realtà laddove si manifestano politiche di sviluppo da parte degli organi di governo come lo Stato o gli Enti Locali queste sono quasi sempre settoriali cosa che quasi sempre genera problemi nonostante gli interventi postumi spesso molto onerosi. La nostra politica sociale (la politica dei Lions) anche in questi casi ci dovrebbe imporre una presenza “con capacità di volere”. Sostanzialmente ad oggi siamo stati assenti o forse abbiamo favorito una raccolta di denaro per favorire la soluzione di qualche infinitesima parte delle distorsioni.     
 Basta pensare alla logica della Agenda 21[12] e quindi dello sviluppo sostenibile[13] in cui la progettazione di interventi di natura economica, ambientale e sociale debbono essere realizzate contestualmente e la tradizionale frammentazione delle istituzioni spesso determina una eterogenesi dei fini. In particolare poi l’Agenda al capitolo 28 riconosce un ruolo determinante e decisivo alle comunità locali (quindi anche a tutte le Associazioni) nell’attuare politiche di sviluppo sostenibile. Questo è un altro spazio di operatività seria, impegnativa e motivante per la famiglia Lions.
  
 Condizioni al contorno  
  Prima di passare alle linee di intervento è necessario tenere conto di quelle che sono le condizioni al contorno intese queste ultime come delimitante lo spazio di azione.
 Esse sono:
 Conservazione delle situazioni positive oggi esistenti nel Distretto come già detto nella premessa
 Tener presente di agire in una organizzazione di tipo internazionale che ha una cornice organizzativa che non può essere modificata anzi e va rispettata come legge e come tutte le leggi deve essere interpretata in una logica coerenza con i tempi. Comunque l’intelligenza di chi ha redatto il testo organizzativo originale è stata sicuramente molto spinta in quanto una sua lettura attenta evidenzia un ampio spazio di operatività e quindi la legittimizzazione di una ricerca di efficienza, pur restando nelle regole, efficienza che è poi è un attributo esiziale per un Distretto 108YA, come si è già detto. Trovare questi spazi in coerenza con le caratteristiche del territorio e alla caratterizzazione della gestione della cosa pubblica mi sembra fondamentale anche perché nella mission dei Lions c’è una forma di elegia del localismo quando si parla di servire la propria comunità o negli scopi quando si parla nel promuovere i principi di buon governo o di attivarsi per il bene civico o incoraggiare le persone predisposte a servire la comunità. Appare evidente invece che aver tralasciato una interpretazione piu’ coerente con la vita dei cittadini che si sostanziasse nello spazio e nel tempo, forse in nome di un conservatorismo di comodo, appare sempre più come un fatto colpevole.
 Nei momenti di riflessione organizzativa dell’Associazione Lions, talvolta, viene evidenziata troppa libertà di azione dai parte dei Clubs attribuendo, di conseguenza, a questa libertà una rilevanza  in qualche insuccesso, che pure esiste, dell’Associazione. La critica in pratica invoca una organizzazione piu’ rigida con una concatenazione di nessi causali definiti e rispettati vedendo in questa una maggiore possibilità di raggiungimento degli obiettivi. Questo pensiero che consciamente o inconsciamente richiama una organizzazione di tipo Weberiano[14] o, ancora peggio, di tipo Tayloristico[15] è un pensiero non solo errato ma addirittura controproducente. L’Organizzazione dell’Associazione Lions è un sistema complesso e, per molti versi, assimilabile a quella descritta da K. E. Weick in Educational Organizations as loosely coupled systems (1976) in cui esistono molte variabili organizzative debolmente legate fra loro. Ovviamente non tutti i legami sono deboli perché se cosi’ fosse non esisterebbe più il sistema. In particolare i sistemi a legame debole sono tipici delle organizzazioni che hanno una pluralità di unità organizzative tendenzialmente autonome a bassa interdipendenza tecnologica e/o gerarchica e a fronte di alcune criticità presentano il vantaggio di essere elastiche e quindi facilmente “plasmabili”. Si contrappongono ai sistemi a legami rigidi (tight)[16] in quanto le unità organizzative, in particolare quelle periferiche, non godono di autonomia nel senso che ciascuna unità periferica è tenuta a conformarsi esattamente a quanto previsto dalla “sede centrale”. Questo comporta che è corretto ed essenziale che i Clubs godano di una certa autonomia nella loro gestione e, anzi, una ipotesi di riduzione di tale autonomia, potrebbe essere esiziale per i Clubs stessi. L’autonomia, però, deve sempre rispettare gli elementi fondativi dell’Associazione nel senso che l’esistenza del Club è giustificata se questo, durante l’anno sociale, operando attraverso i soci cerca di soddisfare bisogni umanitari e di promuovere la comprensione internazionale (mission). 
  Linee di intervento
  Al momento non esistono tutte le condizioni organizzative per realizzare gli obiettivi e le strategie intraviste nell’analisi. In particolare governare le interdipendenze, rappresentare la comunità Lions in un mondo articolato e spesso difficile e prevenuto, sono obiettivi strategici difficili da realizzare con gli attuali assetti organizzativi e logiche di management presenti. Questi non sono orientati ad una governance territoriale intesa come sistema sociale.
 Non esiste o non si intravede nella nostra struttura organizzativa una coerenza con le necessità programmatiche di sviluppo locale sociale. Tale sviluppo riguarda i concetti inerenti la solidarietà, la partecipazione, l’inclusione sociale, l’innovazione e la sostenibilità ambientale. L’organizzazione oggi esistente non e’ tanto focalizzata sul benessere della comunità intesa come sistema sociale ma sulla realizzazione di prodotti e servizi fra loro indipendenti. Nella migliore delle ipotesi potremo dire che l’organizzazione oggi in essere è più centrata sull’ottimizzazione delle singole attività anziché sulla soluzione dei problemi collettivi. Una prima difficoltà da affrontare è data dal fatto che mentre le linee programmatiche si fondano in parte su programmi, progetti, iniziative rivolte al territorio nelle sue articolazioni complessive, la struttura esistente ammette una settorializzazione quasi per funzione per cui potrebbe essere laborioso l’individuazione di soggetti capaci di definire nel merito i problemi collettivi da affrontare, a formulare le diverse alternative di intervento a valutarne la fattibilità’ dal punto di vista del consenso a valutarne l’impatto tessendo i fili tra i diversi attori sociali pubblici e privati effettivamente interessati e coinvolti nel processo decisionale e realizzativo.      
 Dobbiamo concentrarci non tanto nella singola attività ancorché “benemerita” ma sulle opportunità complessive a prescindere dall’attore che contribuisce a realizzare la singola fase o attività. Solo la assunzione di una visione di sistema puo’ consentire anche in chiave di sussidiarietà di favorire l’articolazione delle responsabilità sociali soggettive nella prospettiva dell’interesse generale.
 Vale la pena ricordare che la sussidiarietà prevede fra l’altro che il cittadino come singolo o attraverso Associazioni e quindi anche Associazione Lions  deve avere la possibilità di cooperare con le istituzioni per definire e promuovere interventi utili alla società. Fra l’altro questo principio che ha avuto in questi ultimi anni una certa risonanza perché in alcuni casi è diventata legge regionale non è né nuovo né originale perché era già presente nel pensiero di Aristotele, Tommaso d’Aquino, Proudhon (per citarne alcuni)  e ha ricevuto una sistemazione teorica nella dottrina sociale della chiesa attraverso varie Encicliche.
 La visione sistemica di cui si diceva prima ci pone nella necessità di prevedere ad alcuni aggiustamenti organizzativi in un futuro prossimo. Dovremo attivare processi di cambiamento condiviso nel breve/medio periodo per giungere alla creazione di uno o più modelli coerenti con queste nuove sfide.
 Vale la pena individuare, per le questioni particolarmente strategiche per la vita della nostra comunità e del territorio di nostra attenzione, modalità di organizzazione del lavoro capaci di far interagire il team di progetto formato da appartenenti anche ad organizzazioni capace di affrontare concretamente problemi complessi che richiedono mediazioni tra interessi diversi e governo delle interdipendenze. Le forme di coordinamento si sviluppano secondo cabine di regia, agende, piani. Le caratteristiche delle persone del team debbono essere capacità di pensiero sistemico, di influenza , di negoziazione, di costruzione di rete di relazioni, empatia.
  Fase di attuazione- obiettivi  
  La figura del Governatore deve evolvere verso una figura politica e di definitore della strategia del Distretto. Deve, inoltre, attivare e far vivere una rete sul territorio di competenza con l’obiettivo di diventarne il coordinatore. La rete e’ costituita dalle Associazioni presenti aventi come obiettivo “il sociale”, dalle Amministrazioni locali, dalla Chiesa e da quanti altri si interessano del territorio.
 Questa evoluzione richiede che siano rispettate 3 condizioni:
 Deve poter rappresentare la aggregazione di soci più ampia possibile e quindi di Clubs (ritenendo valido, per ora, l’esistente rapporto n.ro soci x Clubs).
 L’assetto attuale del Distretto comprende gran parte del Mezzogiorno peninsulare e quindi con tale area di influenza ha la veste per poter essere un interlocutore valido anche per le politiche meridionali. Una riduzione dell’area di influenza ridurrebbe automaticamente la sua possibilità di azione.
 Alcuni elaborati che sono stati prodotti all’interno del Distretto tendevano a giustificare la possibilità di sdoppiamento del Distretto stesso. Tale giustificazione non teneva conto di una visione del Distretto fortemente e veramente impegnato a svolgere una funzione sociale  come la attualità richiede ma, entrando nel merito, non teneva neanche conto della necessità di arginare il fenomeno costante della decrescita del numero dei soci. La ratio dell’elaborato e’ stata quella di verificare se esistevano condizioni similari, da un punto di vista quantitativo (n.ro soci e Clubs), a quelle che si sarebbero venute a creare con lo sdoppiamento in altri distretti italiani. Verificato che questa similitudine esisteva allora veniva dato un implicito “placet” all’operazione. E’ sicuramente, dal punto di vista generale, una visione conservativa e forse anche di poco impegno nell’analisi della situazione esistente.
 Il Governatore deve essere liberato da tutte quelle attività che non danno valore aggiunto ma che assecondano una tradizione per altro stagnante nei sui riti e nelle sue giaculatorie.
 Le visite ai Clubs sono quasi sempre prive di valore per i Clubs e per il Governatore, ma sottopone quest’ultimo ad uno stress notevole ed inutile rappresentando di fatto una perdita di tempo enorme.
 Il controllo così detto amministrativo che viene effettuato ricorda un rituale del primo novecento in quanto tutti i dati che vengono esaminati (se vengono esaminati) sono presenti a calcolatore e leggibili in ogni momento (laddove non ci fossero l’implementazione informatica nei dati del Distretto sarebbe estremamente rapida).
 Tutto ciò non toglie che, laddove si riscontra la necessità per qualche motivo di far visita ad un Clubs, questa possa essere fatta con tranquillità.
 La politica di un Governatore ha senso se si riesce a creare una continuità di gestione che non potendo essere fisica (la durata del mandato e’ per un solo anno) deve essere necessariamente espressa attraverso programmi.
 Per ottenere questo bisogna determinare un rapporto strettissimo fra il Governatore in carica e quello che lo seguiranno.
  
 Si ipotizza, per rendere attuabile quanto su detto, che i due Vicegovernatori oggi esistenti e che, per altro, avendo residenza in due Regioni del Distretto diverse e quindi maggiore faciltà negli spostamenti sul territorio, si assumano la maggior parte dei compiti operativi che oggi sono svolti dal Governatore.
 L’attività del primo e secondo governatore deve essere svolta sotto il coordinamento del Governatore.
 Questo fatto ha come sotto prodotto di estremo interesse una continuità nella gestione del Distretto e una forma di addestramento e formazione per i due vicegovernatori oggi completamente assente.
 Il Governatore e i due Vice hanno il compito di realizzare il processo di pianificazione strategica che si articola in una pianificazione triennale ed una  pianificazione annuale operativa che intercetta il primo anno della pianificazione strategica e lo adegua alla situazione esistente. Contemporaneamente la programmazione strategica triennale viene aggiornata e corredata di un nuovo piano per il terzo anno.
 La pianificazione strategica è una metodologia volta a realizzare il processo decisionale che conduce alla strategia ovvero è una metodologia che impone che venga fatta una meditazione seria su come opererà il Distretto nel tempo prossimo.
 La pianificazione operativa opera con un grado di astrazione inferiore e collega la fase di strategic planning pluriennale ai programmi annuali.
 Operando in questo modo è come se il Governatore del Distretto fosse presente per tre anni ai vertici del Distretto consecutivi, anche se fisicamente cambia ogni anno.
 La pianificazione d’altra parte si fa carico della mutevolezza della realtà esterna-interna in quanto ha una sua dinamica interna costituita dall’aggiornamento annuale, come detto, dello strategic planning e del piano operativo e quest’ultimo per la sua natura, può essere cambiato anche nel corso dell’anno.  
  
 Presidenti di circoscrizioni, comitati, cabina di regia   
  Un ruolo centrale, di riferimento, di coordinamento nella trasmissione della operatività, di supporto alla attività del Governatore per quanto attiene la singola circoscrizione, deve essere assegnato ai presidenti di circoscrizione facendoli passare da una posizione sostanzialmente metafisica ad una posizione immanente. I contatti relativi alla realizzazione del piano operativo devono essere gestiti da questi ultimi.  
  Le ulteriori funzioni, la costituzione dei vari comitati, la eventuale chiarificazione degli altri compiti possono essere specificati, se ritenuti utili, a valle di una prima discussione su tale documento.  
                   



   
   [1] H. Maslov (1908-1970). Per Maslov la spinta motivazionale di un individuo inizia con la nascita di un bisogno che è uno stato di disequilibrio, di insoddisfazione a cui l’individuo  cerca di porre rimedio procurandosi  i mezzi opportuni. I bisogni sono stati disposti da Maslov in una scala gerarchica (piramide di Maslov): fisiologico (respiro, alimentazione, sesso, sonno, omeostasi); sicurezza (sicurezza fisica, di occupazione, morale, familiare, di salute, di proprietà); appartenenza (amicizia, affetto familiare, intimità sessuale); stima (autostima, autocontrollo, realizzazione, rispetto reciproco), l’individuo vuole sentirsi competente e produttivo; autorealizzazione (moralità, creatività, spontaneità, problem solving, accettazione, assenza di pregiudizio) l’individuo vuole realizzare la propria identità in base ad aspettative e potenzialità e rappresenta l’aspirazione ad essere ciò che vuole sfruttando qualità mentali e fisiche. Per Maslov è centrale l’autodeterminazione che pero0 non è da intendersi come tutta rivolta a fattori interni dal momento che incide fortemente l’interazione individuo-fattori esterni.  
 
  [2] Douglas Mc Gregor (1906-1964) ha sviluppato la teoria X e la teoria Y che sono state applicate nella teoria dell’organizzazione, nella gestione delle risorse umane, nella gestione organizzativa.  
 
  [3] La complessità è dovuta all’intrecciarsi di tanti elementi intrecciati in modo interdipendenti e che costituiscono un tutto unico presentando un tessuto interdipendente, interattivo fra le parti e il tutto e viceversa. Quindi la dinamicità, la contraddittorietà delle sue componenti e la interazione sono gli elementi caratterizzanti. Nell’agire umano sono in azione delle spinte trasformative che sono in continuo mutamento e che scardinano i punti di riferimento ritenuti più solidi e inattaccabili. Questa impossibilità di avere un punto di vista unitario è il risultato della nascita della comunicazione di massa che ha determinato la dissoluzione dei punti di vista centrali.                                                                                                                                     
 
  [4] E’ un modo di agire che presuppone di aprirsi ad altre realtà significative per l’attività che si intende svolgere  e   condividere le azioni che si intendono produrre dando centralità alle relazioni che si instaurano tra soggetti . Le relazioni sono quindi il valore aggiunto. Ognuno di noi in questo momento storico, sta vivendo concretamente e avendo esperienza diretta dei vantaggi di un sistema centrato sulle relazioni, grazie alla comunicazione digitale e alla Rete. Fare-sistema, nel nostro caso, potrebbe significare occupare uno spazio di coordinamento di una azione allargata a varie realtà che presentano una omogeneità nei valori obiettivo.
 
  [5] La metafora della liquidità è stata coniata da Z. Bauman ed è entrata nel linguaggio comune per descrivere la modernità in cui viviamo. In questa modernità le esperienze individuali e le relazioni sociali hanno caratteristiche e strutture che si decompongono e si ricompongono con continuità.
 
  [6] Per dare una rappresentazione che con immediatezza rappresenta questo concetto è come se dovessimo passare da una casa tradizionale araba ad una casa di tipo europea tutta luci e vetro. Le case tradizionali arabe si affacciano verso l’interno ed hanno uno o più cortili accessibili attraverso la maggior parte delle  porte. Tutte le attività piu’ importanti si svolgono all’interno o intorno a questo cortile che costituisce il fulcro delle case arabe. Il numero dei piani è per la maggior parte uguale a due e solo in alcuni stati può raggiungere i quattro-cinque piani. 
 
  [7] Government è una attività di governo classica attribuita ad una attività statale o comunque legittimata a governare
 
  [8] La governance è, in sintesi, il governo di una impresa, di un territorio, di una organizzazione che include anche le relazioni tra coloro che hanno interesse nell’impresa (gli stakeholders) 
 
  [9] Una organizzazione è efficace se raggiunge gli scopi previsti, in quanto l’efficacia è il rapporto tra i risultati raggiunti e i risultati previsti ed è efficiente quando non spreca né persone, né danaro, né risorse ovvero riesce ad avere risultati migliori di quelli previsti o gli stessi risultati con minore utilizzo di energie.
 
  [10] La teoria della mano invisibile del mercato fu teorizzata da A. Smith, fondatore dell’economia politica. Smith nell’affrontare in modo sistematico i processi che riguardono la produzione, la distribuzione ed il consumo delle merci e le leggi che li governano spiego’ che la ricerca del proprio tornaconto fatto da ogni individuo è compatibile con il benessere collettivo in quanto le leggi del libero mercato (la concorrenza) fanno si che la ricerca egoistica  determini un beneficio per la comunità intera. I vizi privati si trasformano in pubbliche virtu’.  
 
  [11] Per completezza riportiamo qualche dato significativo: La Campania e Napoli si posizionano al penultimo posto per reddito pro capite e la Calabria all’ultimo posto. Il reddito della Campania é di 16.369 euro/anno rispetto al dato nazionale di 25.713 euro/anno e al dato riferito al Mezzogiorno di 17.416 euro/anno. Un altro dato significativo è l’assenza di lavoro: in Campania solo il 39% della popolazione ha un lavoro, nel Mezzogiorno il 42%  e in Italia il 55,6%. L’assenza  e la perdita di lavoro oggi producono nuovi poveri senza nessuna rete di protezione. 
 
  [12] L’Agenda 21 è scaturita dalla conferenza dell ‘ONU tenuta nel 1992 e rappresenta, in pratica, quasi un manuale per lo sviluppo sostenibile. L’espressione Agenda 21 vuole indicare le cose che bisogna ricordare di fare per il ventunesimo secolo. I concetti di fondo sono: la corresponsabilizzazione, il miglioramento continuo, la governante, la trasversalità,la visione condivisa, il partenariato. Il programma di azione è espresso in 40 capitoli divisi in 4 sezioni.  
 
  [13]Il rapporto Brundland del 1987elaborato poi dalla Commissione Mondiale sull’ambiente e Sviluppo delle Nazioni Unite è il primo rapporto in cui si parla di sostenibilità. Il concetto di sostenibilità, poi, è stato allargato fino ad assumere questa impostazione « Lo sviluppo sostenibile impone di soddisfare i bisogni fondamentali di tutti e di estendere a tutti la possibilità di attuare le proprie aspirazioni ad una vita migliore (...)
 Il soddisfacimento di bisogni essenziali esige non solo una nuova era di crescita economica per nazioni in cui la maggioranza degli abitanti siano poveri ma anche la garanzia che tali poveri abbiano la loro giusta parte delle risorse necessarie a sostenere tale crescita. Una siffatta equità dovrebbe essere coadiuvata sia da sistemi politici che assicurino l’effettiva partecipazione dei cittadini nel processo decisionale, sia da una maggior democrazia a livello delle scelte internazionali »
 
  [14] K.E. M. Weber (1864-1920) filosofo e economista. Si deve a lui lo studio della burocrazia e l’introduzione di procedure sistematiche, precise e razionali nelle amministrazioni e negli uffici. Con l’introduzione delle sue logiche organizzative comporta che tutte le operazioni sono governate da un sistema di regole scritte al fine di garantire una uniformità di svolgimento ed una completa spersonalizzazione delle attività.  
 
  [15] F. Taylor  ingegnere (1856-1915)  nel  1911 pubblica “Principi scientifici dell’organizzazione del lavoro” in cui ipotizza una organizzazione del lavoro specifica, per le industrie del tempo, tutta basata sulla produttività dell’azienda . I punti fondamentali dell’organizzazione sono: sostituzione dell’empirico con lo studio scientifico dei compiti, formazione e addestramento di ogni lavoratore per lo svolgimento dei suoi compiti specifici, imposizione di istruzioni dettagliate e forte supervisione del rendimento, parcellizzazione massima del lavoro. Nel 1913 Ford capisce la validità dei principi e  realizza la prima catena di montaggio per le sue auto ottenendo un incremento della produzione non confrontabile con la situazione ante.        
 
  [16] Per meglio comprendere la differenza fra i due legami facciamo un esempio che prevede l’esistenza di due termini A e B . Diremo che il legame (coupling) che connette i due termini è debole (loose) quando dato A a volte segue B ma può seguire anche C, D, F ; il legame è rigido (tight) quando dato A  segue sempre B e B è sempre causato da A.  
 

 
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