Io ti aiuto ad aiutarti

Centro Studi e  Welfare State

IO TI AIUTO AD AIUTARTI

La prima tavola rotonda di tutti i Centri Studi italiani ha confermato le direttive: come realizzare il We Serve e aiutare il miglioramento della nostra società.

L’interrogativo che ne è scaturito è: ma quale società oggi viviamo? Come aiutare ed indirizzare soluzioni che siano in sintonia con i bisogni odierni?

Proprio per rispondere al quesito forse può essere utile una riflessione più ampia.

La società tradizionale “del raccogliere per redistribuire” quella, per intenderci, tesa all’aumento del benessere relazionale non appare più attagliata alle esigenze emerse nell’odierno quadro storico. 

La globalizzazione dopo aver modificato l’assetto tradizionale della società ha modificato anche il Welfare State che, da Stato Sociale tendente al benessere, ha oggi assunto una diversa forma, abbandonando la sua tradizionale unitarietà per connotarsi sempre più di aspetti frammentati. 

Il  Welfare, come è noto, ha vissuto più fasi: Il Welfare State (Keynes) del dopoguerra caratterizzato da spesa pubblica crescente per pensioni e prepensionamenti, ciò al fine di  assicurare reddito ed evitare disoccupazione. 

La seconda fase è stata caratterizzata dal W. Neoliberale in cui il Welfare è stato un costo per la collettività teso a proteggere l’occupazione dal licenziamento; tipologia che la società non ha retto per essere stato troppo dispendioso.

Poi è seguito il Welfare Investiment che si è affacciato alla ribalta 10 anni fa come protezione ma anche investimento teso a creare nuovo capitale sociale. Il Welfare Investiment permetterebbe, cioè, di stare sul mercato favorendo l’autosufficienza e nell’ottica della responsabilizzazione, far acquisire competenza, autoattivazione.

Nella società tradizionale, quindi, la priorità era certamente quella di offrire coperture al soddisfacimento dei bisogni tradizionali (assicurare un reddito adeguato nella vecchiaia o in caso di disoccupazione, curare malattie, etc.) insomma proteggere il debole dal mercato.

Nella società odierna sono emulsionate nuove necessità e quindi si è posta la questione di come far fronte all’emersione di sempre nuovi bisogni (conciliazione, deprivazioni economiche per percorsi di vita e lavorativi instabili, basso reddito, crescita della non autosufficienza etc.). Di qui, la necessità di operare il ricalcolo continuo del Welfare per fronteggiare vecchi e nuovi bisogni sociali, affrontare la globalizzazione, l’integrazione fra Europa e singoli Stati, le trasformazioni strutturali dell’economia e del mercato del lavoro.

Gli impotenti mutamenti che si sono susseguiti hanno pervaso tutta la struttura della nostra società caratterizzandone, non soltanto, i tipici campi d’azione immediata (famiglie, migrazioni etc.) ma anche, e soprattutto, il sistema di valutazione dei nuovi rischi sociali, connotati, oggi, anch'essi da trasformazioni radicali. In importanti campi, per esempio, come quello dei diritti dei lavoratori, si è assistito alla dualizzazione della domanda e, con questa, dei diritti stessi dei lavoratori (si pensi alla riduzione della manifattura da un lato e all’alta produttività in industria 4.0 dall’altro).

In altre parole, una nuova articolazione sociale strutturata in siffatta complessità ha avuto come diretto precipitato la produzione di un Welfare complesso e frammentato: il Welfare Mix, il Welfare come forma di “investimento sociale” nell’ottica del  policy making  nei  diversi settori sociali; famiglia, lavoro, scuola, reddito,  disoccupazione. Tutto ciò nel tentativo di un “retrenchment” del Welfare  italiano e un riequilibrio sociale.

Nell’attuale realtà, come noto ed ampiamente dibattuto, il Welfare italiano, per fornire nuove risposte alle problematiche di una società in crisi economico-sociale, sembrerebbe essersi indirizzato verso la forma del Workfare. Infatti, sulla scia di quanto già esiste in altri paesi europei, e copiando la Germania dove  esiste il programma Hartz 4, è stato avviato il Reddito di Cittadinanza.

Tale iniziativa economico-sociale pur presentando un tratto di continuità con altre forme di integrazione al reddito sviluppate in passato ( SIA e REI) si configura però come Workfare.

Il termine Workfare letteralmente significa: work for welfare (lavorare per avere un beneficio), raffigura i sistemi di Welfare  che per essere erogati come forme di integrazione al reddito sono vincolati a prestazioni lavorative.

Il Workfare è per il nostro Paese una rivoluzione copernicana delle politiche di sostegno, dai risultati che nessuno oggi può valutare e che, però, non è esente da critiche, già nelle esperienze estere dove è stato adottato.

La critica generalmente formulata riguarderebbe l’aver creato un esercito di “prigionieri del lavoro” legati ciclicamente all’accettazione reddito di cittadinanza-lavori. Naturalmente, anche all’osservatore meno esperto, non potrà sottacersi l’ apparire verosimile che il sistema Workfare inciderà in maniera significativa sui salari, tanto da poter trasformare il nostro modello di Welfare in un Workfare di stampo liberista.

Al momento, la galassia dei 5 milioni di percettori, come prevista dalle stime del governo, è molto frastagliata non può escludersi nemmeno che la promessa di abolire la povertà assoluta possa portare, invece, un’ulteriore segmentazione dei poveri specie nelle aree più deprivate d’Italia.

Proprio per interpretare questi mutamenti socio-economici, il Centro Studi Lions, che assume su di sé i compiti speculativi di riflessioni per nuove proposte a vantaggio di questa società in repentino mutamento, si pone come laboratorio di pensiero, incubatore di idee, aggiornate e correlate al momento storico, (cfr Programma 2018 pag 1 del Dir. Emma Ferrante Milanese) al servizio del Governatore e dei Soci.

I Lions considerando importanti i doveri collettivi di cittadinanza possono realizzare il “ io ti aiuto ad aiutarti” dando voce non agli apparati che consumano solo diritti ma andando a prediligere un Welfare di comunità perchè o ci salviamo tutti o staremo tutti peggio.

Proprio nelle aree più povere i Lions possono esprimere il  WE Serve per soddisfare i  nuovi bisogni utilizzando il capitale culturale umano di cui si fregiano e fare cittadinanza in un  mix con gli enti locali.

Attenzione particolare va dedicata alla comunicazione, meglio chiamata visibilità, vista come elemento unificante delle strategie, degli  obiettivi e dei  valori in un’ottica aggregante e realizzativa di sfide della valutazione in una cittadinanza generativa.

Il Centro Studi Lions continua a determinare il proprio ruolo sociale cercando di continuare ad essere uno strumento funzionale mutando la sua forma per essere sempre più aderente ai tempi.

A tal fine, dopo aver valorizzato studio e analisi attenta dei mutamenti sociali per raggiungere scopi lionistici, in un’ottica di pari opportunità l’indispensabile apporto del lionismo femminile, si propone anche e soprattutto, di essere un interlocutore allettante per i giovani che, portatori di creatività e iniziative originali, potranno vedere valorizzate le loro iniziative venendo affiancati dall’ esperienza di chi vive da anni il lionismo.


                                                                                 Maria Albrizio

                                                                                              componente Centro Studi